Aspettando Madonna mi è stato presentato come un film sulla precarietà. Bella sfida ho pensato. Quando l´ho visto mi è piaciuto. Ma più che un film sulla precarietà, mi è sembrato una sequenza di performance di teatro di ricerca. Uno studio sulla definizione e sulla resa del poliedrico concetto di precarietà. Del teatro di ricerca ha sperimentazione dell´esistere e trama work in progress. L´alchimia è forte. La precarietà dell´essere, dello stare e del sognare resa da ogni inquadratura oltre che da ogni battuta. La precarietà come essenza pregnante della vita. Sempre sul filo di lama. Da una parte il baratro della banalità. Dall´altra la costruzione della resa della precarietà attraverso il personalissimo vissuto, modo di essere e aspettative delle "ragazze".
Peccato che quando dopo la proiezione il registra risponde alle domande del pubblico rompe l´equilibrio precario dello stare proprio sul filo di lama. Scivola rovinosamente nel banale. Precipita nella stupidità di chi, tutto preso da sé, dimentica la propria relativa precarietà di essere umano. Peccato! Chissà se le "ragazze", usando la propria intelligenza e creatività, riusciranno a reagire come quelle di San Frediano e a dargli una bella lezione? E magari a fare di tutto questo un altro film! Chissà!
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