A me è piaciuto un sacco.
Credo che chi ti ha chiesto "cosa volevi dire, cos'è per te la precarietà?" non ha veramente capito niente alla base. Di precarietà è intriso tutto il film, e non la solita pippa sociale, ma una precarietà interiore, che si trova nelle pieghe del quotidiano, delle azioni delle scelte, che è un modo di essere e di vivere (o non vivere...ritirarsi come ha fatto la maggior parte dei personaggi che hanno contribuito al film)
Insomma hai preso un tema tanto inflazionato che la parola stessa (precarietà) fa venire i conati di vomito da ulcera a chiunque lo pronunci ormai e ne hai fatto un racconto vivo, secondo me, al di là (o forse grazie a) della "sgrammaticatura" di livelli di coscienza e di struttura, un racconto che si è scritto da solo in maniera un pò schizofrenica ma che sembrava sapere fin dall'inizio dove sarebbe andato.
Meglio di così.
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