Reazioni&Recensioni


MARIALUISA FAGIANI - Non è un documentario, è una metafora: il “making of” di uno spettacolo la cui “prima” sembra non arrivare mai;



ADRIANO BARONE - L'ironia è l'unico atteggiamento che ti permette di non
impazzire di fronte alla mancanza di senso che tutto pervade.



STEFANO MANGINI - E' capostipite di un genere, all’interno del quale non ha ancora paragoni, sebbene già si appresti a dettarli.

EUGENIA LENTINI - Sempre sul filo di lama: da una parte il baratro della banalità, dall’altra la costruzione, attraverso il personalissimo vissuto delle “ragazze”.

CLAUDIO AIOLFI - Narrare senza necessariamente vedere il volto di un personaggio, lascia lo spazio di metterci anche il proprio. Ho trovato questa cosa sottile, geniale.

PIA MARY - Paradossalmente, per me, il tuo film è stato rassicurante, proprio per il fatto che è stato in grado di procurarmi ansia!








PROSSIME PROIEZIONI






martedì 22 giugno 2010

RECENSIONE di MASSIMO MAISETTI - PRESIDENTE ASSOCIAZIONE NAZIONALE FEDIC

Alla prima visione "Aspettando Madonna" mi ha sconcertato, lungo e faticoso ma anche curioso e intrigante. Ho riletto la tua presentazione, l'ho rivisto soffermandomi qua e là per cercare di capire meglio... Giusta e corretta la sintesi : "gruppo di donne per un documentario sulla precarietà, regista allergico al tema su grande schermo, processo di trasformazione dei protagonisti, vagabondaggio dello sguardo da parte dello spettatore, eliminazione progressiva delle aspettative iniziali..." Logica la conclusione lapidaria: "Uno strano oggetto intitolato Aspettando Madonna". Strano oggetto che potrebbe anche essere valutato come documentario di immagini rubate a persone inconsapevoli. O come un film a soggetto con attrici e attori. Aggiungerei: anche come il back stage di due o tre film da montare curando meglio la colonna sonora e tagliando alcune immagini di dettagli troppo insistiti. Non voglio però andare oltre, tutto sommato mi ha coinvolto, a tratti divertito, e, tenuto conto che sono sommerso di lavoro, puoi considerarlo un giudizio positivo. Guarda l'ora e tieni conto che lavoro dalle 5 e ho interrotto per una pausa curiosa quanto il tuo film. Continua, ci sai fare. Buona giornata. Massimo Maisetti

mercoledì 16 giugno 2010

Oroscopo di Antonia Monopoli in arte Fata Morgana per la proiezione del 20 giugno 2010 presso Arci Scighera a Milano

La proiezione del film avrà l’Ascendente in Capricorno, gli spettatori saranno avvolti dall’ambizione del film e dei protagonisti. Luna in Bilancia, saranno presenti in sala persone legate all’arte, alla cultura, alla bellezza, alla poesia. Luna in trigono con Nettuno darà continue e intreccianti anticonformiste illusioni poetiche. Saturno in Vergine quadrato al Sole e Mercurio in Gemelli, stimolerà il pubblico in sala alla visione del film.

venerdì 11 giugno 2010

GIAMPAOLO SELEZIONATORE FILM FESTIVAL GLBTQ MILANO

Il film di fede l'ho visto. Per il nostro festival non c'era verso di farlo funzionare. Ha degli spunti intelligenti, di cinema collettivo anni 70 che sono belli, ingenui. Si perde nel montaggio...self indulgent...detto questo ha dignita', parla di argomenti poco trattati, insomma un bel primo passo.

giovedì 10 giugno 2010

VITO CONTENTO - CRITICO CINEMATOGRAFICO Direttore editoriale di Rifrazioni, dal cinema all'oltre. www.rifrazioni.net

10:43 è uno di quei momenti che non fa piacere a un critico, ahimé non mi è piaciuto per nulla, 10:44 mi spiace 10:44 mi ricorda quasi un reality, tipo il prototipo quello dei ragazzi in appartamento a Bologna 10:44 per carità il mestiere si vede tutto 10:45 ma dubito tu mi abbia chiesto un parere se sai girare o meno 10:45 perchè lo sai già 10:45 ma loro, le donne sono di scarsissimo interesse 10:46 direi tutto il work in progress. sul dafarsi poco interessante 10:46 anche il tuo scazzo con la sceneggiatrice 10:48 mi sa che ha vinto il reality, perchè non c'è chessò una seconda parte che prende una piega poetica 10:48 o epica 10:48 lo dimostra il fatto che il tuo spessore registico 10:49 traspare più all'inizio che in tutto il resto
beh all'inizio giri immagini 10:49 c'è immagine 10:50 poi ci sono parti dove vengono riprese come tossico dipendenti, sulle mani, sulle gambe, secondo me il problema fondamentale sono il soggetto 10:50 cioè la combricola di donne 10:51 mai visto donne meno femmine, sensuali, tutte con la mazza su per il culo 10:53.
C'è fra di loro, un senso di democrazia, sul nulla, sulla assenza di idee, sul dubbio che è nauseabondo. Sembra che siano costrette a parlare a turno, per dire qualcosa di interessante, che non sono in grado di dire mai, né sul film da fare, né sul precariato o chissà quale altra tematica sociale. Sono impregnate di un sociale che non c'è e quindi hanno dentro di sé, esprimono, lo stesso nulla del nulla dell'odierno sociale.
Ah beh probabile, ora critichi la provenienza sociale del critico! criticare non vuol dire stroncare 10:54 vuol dire più immedesimarsi 10:54 ho militato in rifondazione diversi anni 10:56 beh ho conosciuto anche le femministe che sanno non confodere tra la loro discriminazione sul lavoro e il piacere di fare un pompino, tra i loro traumi psicologici e i loro obbiettivi politici 10:56 il problema che è un gruppo talmente confuso che danneggia il film, perché non escono mai posizioni concrete, non c'è un'autorità intellettuale 10:57 non c'è una suggestione di pensiero forte, è il tempo che mancano pensieri forti, magari venissero, anche sbagliati, producono nuovi pensieri. 11:00 allora probabile che non mi piace perchè amo Nietzsche e la sua Volontà di Potenza 11:04
La pratica Nietzschiana per quanto difenda la mediocrità 11:05 è una pratica delle virtù esibite, un conto è la pratica della contraddizione Nietzschiana
11:05 quasi sempre fra due estremi radicali 11:06 un conto è il non pensiero, la mediocrità, il dubbio permanente 11:08 ma non vado al cine, o apro un libro,
per trovarci la vita 11:08 un reality fatto meglio non mi interessa 11:09 certo era meno noiosa la vita quando un bimbo vedeva un padre essere arrestato per aver rubato una bicicletta 11:09 anche se dubito non sia ancora così, la vita 11:10 c'è chi fa ancora cose epiche, chi attraversa ammassato in camion il deserto poi prende un gommone e passa l'estate a venedere collanine sulla spiaggia avulso dal suo mondo e da quello che ora sta calpestando cancellato dalla risacca 11:11 beh nel film traspare, come purtroppo traspare il tuo continuo rispetto verso chi non sa che pesci pigliare 11:12
e apre la bocca senza pensare 11:12 in sto film non ci sono rivelazioni, c'è quasi una pietas , da qui credo Aspettando (la) Madonna. 11:14 un grande fratello con la pietà non so se sia peggio o meglio, ci penserò 11:16 condivido pienamente (la recensione di Maria Luisa Fagiani) e ti ringrazio 11:16 ora so che se un ottimo regista cerca di distruggere la televisione non ce la fa 11:17 Non guardo la tivù, ma amo le fiction americane (la palestra del miglior cinema americano) e guardo solo quelle e il tennis perchè gioco a tennis 11:21 Debord non era arrivato a dire che la gente sarebbero diventati perfino attori, aveva detto che la gente era pubblico all'estremo della spettacolarizzazione della società. Ora la gente fa perfino l'attore e c'è il mistero perchè c'è un pubblico che ama ammirare se stesso 11:23 nella sua assenza totale di identità, pensiero e capacità di sognare
11:24 nella sua totale assenza di poesia 11:24 come se amasse vedere il proprio cadavere 11:25 dunque come sosteneva C. Bene, il danno che si fanno, da soli, i sedicenti artisti 11:25 e che vogliono realizzare opere d'arte 11:25 e non essere opere d'arte. Non dovresti aspettare madonne o miracoli, dovresti crearti. Se ti crei, la creazione viene da sola.

recensione di Federico Rizzo Che fine ha fatto il maschio?

Un gruppo di giovani donne e Tinelli a capo della regia realizzano un film personale sul nostro presente e sulle sofferenze del dover andare avanti in una società senza danè e strapopolata da figure del femminile in continua prostituzione estetica.
Il regista, coadiuvato da una fotografia essenziale e da un montaggio intelligente, non cerca il cinema del facile consenso tanto che entrare dentro quest'opera per il comune spettatore - lobotomizzato da sceneggiature per menti fragili - non sarà, sulle prime, facile.
Tuttavia è uno sforzo che ripagherà lo spettatore poichè fatto soprattutto di dettagli e voci fuori campo mai banali.
Il film convince principalmente per la proposizione di modelli femminili veri e vibranti e per un'idea di cinema ostinata e che merita attenzione.
Rimane un interrogativo: che fine ha fatto il maschio?

martedì 4 maggio 2010

recensione di GERMANA BIANCO - Produttrice Ebano Audiovisivi.

si nouveau roman. capisco. se può consolarti rispetto a dove infilare il tuo modo di fare cinema in Aspettando Madonna...ma tutto sommato il film non ha bisogno di mettersi in una categoria per essere capito o meno dal suo pubblico. per questo basta un po' di libertà e apertura mentale.

perché leggendo il blog ho quasi l'impressione che tutto questo ragionare sul film, lasciare interpretare, criticare, decostruire, faccia sì parte dell'atteggiamento dell'autore che non si pone come portatore di una idea o ideologia o tesi da sostenere e dimostrare..

ma anche quasi sembra un giustificare (da parte di chi il film lo ha amato) i tuoi terribili misfatti

che avrai mai fatto?!?!?

hai messo un nero luuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuungo e ci hai lasciati lì ad ascoltare solo voci, hai inquadrato i piedi e le mani delle persone e marciapiedi per un tempo fuori ordinanza, ci hai fatto vedere volti deformati dalla webcam impallata e ci hai privato della maggior parte delle testimonianze parlate delle donne sulla precarietà che tutte ci aspettavamo di ascoltare. e tutto questo senza fare l'oliver stone di natural born killer - cioè, in parole povere, il furbo.

in effetti sei scandaloso federico, capisco perché tutto questo dibattito.


non dico questo per sminuire il tuo lavoro o le scelte che hai fatto in aspettando madonna. anzi, direi che l'intento è quello di rispettarlo un po' di più di quanto non lo abbiano fatto sul blog.

sarà pur vero che il nostro pubblico è quel che è; sarebbe bello però se, nelle poche volte che gli è concessa una certa indipendenza nello sguardo (di spettatore), riuscisse a rilassarsi e godersi l'inaspettato. che, nel caso del tuo film, ha quasi sempre il suo bel perché e tutto il suo diritto ad essere lì, proprio nella forma in cui è.

io mi sono sentita a mio agio e mi sono divertita tutto il tempo, anche se non tutto di questo film è nelle mie corde.

naturalmente non è tutto. poi c'è tutta la parte che riguarda la tua posizione: mi incurioscisce pensare al processo che hai affrontato per arrivare a questa costruzione .

quando hai capito e deciso che direzione dovesse prendere il film..magari me lo racconterai una volta.

domenica 18 aprile 2010

recensione di STEFANO MANGINI - FILOSOFO, SOCIAL WORKER

Ma che ha dunque di speciale, `Aspettando Madonna´? Negazione di ogni possibilità d´interezza nella forma; nel film c´è lo spirito del tempo in atto ma ancora non decifrato, che verrà presto colto in una storiologia negativa, intesa come corrispettivo di teologia negativa, ovvero quella teologia medievale che del dio in cui credeva poteva solo dire quello che non era, perché coglierlo era impossibile... ecco, qui più che una storia narrata, ne presentiamo una fatta di molte che s´intrecciano senza annodarsi in unicità, ne scopriamo le impronte senza mai vederla. Ma ce ne viene al contempo dispiegata innanzi la struttura nelle sue ragioni altrimenti implicite, nascoste dalla contingenza palpitante incarnata da una storia. C´è totale partecipazione, a partire dal regista, anche a costo di farsi prendere per megalomane quando è solo sincero nell´esprimere il consueto non detto che resta forse il punto nodale da comprendere. I cliché, come le costanti sottostanti alle belle parole, leformule vincenti, come il loro consolidarsi per divenire minestre riscaldate, le varie forme espressive dell´utilizzo della telecamera, come lo stesso metalinguaggio con l´eco, tutto viene a mettersi non sullo stesso piano, ma in una sorta di macerie di piani sfondati, sovrapposti, giustapposti, senza soluzione di continuità eppure con un filo vitale praticamente lineare. Perché appunto è da qui che si vede l´innovatività assoluta dell´opera, che non è il suo pregio maggiore, come si può intuire, ma che li esalta: l´inedita coincidenza di forma e contenuto. Racconta una realtà che anela a farsi figurazione alienata mentre collassa ogni possibilità d´una coerente auto rappresentazione, eppure, nell´immaginazione e nelle persone in carne ed ossa, esiste. Come sempre quando ci si pone di fronte a un´opera che non giudica e che non offre risposte (sì, domande ne pone, mica si può scrivere il silenzio) e che si pone al di fuori diogni categoria precedentemente nota, è la capostipite di un genere, che può essere o meno il nostro, ma all´interno del quale non ha ancora paragoni, sebbene già si appresti a dettarli.

sabato 10 aprile 2010

recensione di PIA MARY - PSICOLOGA

La faccia è una parte importantissima del nostro corpo, quella attraverso cui ci riconosciamo, esprimiamo le emozioni, sorridiamo, ci guardiamo negli occhi o evitiamo lo sguardo. Non credo che la faccia sia meno importante delle mani, dei piedi o dello stomaco. Quando stabiliamo un legame con una persona, dentro di noi si costruisce un´immagine di quella persona. E questa immagine è differente da qualsiasi altra immagine creatasi nella mente di qualcun altro della medesima persona. Se una persona perde la mia stima a causa di situazioni, eventi, comportamenti palesi e a mio parere discutibili è un conto, ma se si tratta di una difficoltà di comunicazione è un altro conto. E rischiare di perdere la faccia (o meglio, la fiducia) a causa di un equivoco mi pare proprio un fatto stupido. Per dirla meglio: se esiste una maniera di comunicare un concetto, una sensazione, in modo chiaro, perché rischiare il malinteso? Se invece la provocazione è
l´unica maniera di capire sul serio, ad esempio quando si vuol mettere alla prova la solidità di un rapporto o di un sentimento, si può decidere di accettare il rischio, ben sapendo però che di rischio si tratta.
Uno dei grossi equivoci che riguardano il tuo film è appunto la forma. Varie persone con cui ho parlato sono convinte che la frammentarietà delle scene non possa essere utilizzata, che senz´altro esista una maniera più formalmente gradevole di esprimere la precarietà. Una maniera artistica. Ho pensato: chi è che stabilisce che cosa sia l´arte? E chi è che stabilisce che debba essere arte? Chi stabilisce che l´artista debba dare delle risposte o formulare delle buone domande? Personalmente l´unico criterio che io sia mai riuscita a considerare valido per esprimere un giudizio sul valore di un film, di un brano musicale, di un´opera letteraria, è la capacità di suscitare in me delle emozioni. E il tuo film, come ho già avuto occasione di spiegarti, è riuscito a risvegliare certe mie ansie profonde. E credo che sia inevitabile che la superficie si sgretoli quando in profondità c´è un subbuglio di forze tra loro incoerenti, che ad un
certo punto esplodono. Paradossalmente, per me, il tuo film è stato rassicurante, proprio per il fatto che è stato in grado di procurarmi ansia! Mi ha fatto sentire meno sola nel gridare il mio bisogno di solidità affettiva. Per la mia esperienza la capacità di vedere chiaramente la propria ansia non è un fatto molto comune, anzi, la tendenza che vedo intorno a me è quella di difendersene, di negarla, e di rifiutare a prescindere ciò che crediamo ne sia la fonte.
L´individualismo sfrenato in cui molti di noi sono cresciuti, il menefreghismo, sembravano essere soluzioni perfette per non soffrire, esattamente come la competizione. Dire una cosa e farne un´altra, prendere un impegno solo in base ai soldi o comunque a un tornaconto personale, non badare alle conseguenze emotive delle nostre azioni, nel mio mondo erano i mezzi per essere considerati più fighi. Ma hai voglia a parlare di dinamiche pazzesche e rischio di sgretolamento del sé a chi non l´ha mai provato! Sono sofferenze atroci, però sembra che non esistano, e a raccontarle passi per una che vuol fare la vittima. Com´è possibile che una persona che si è formata una famiglia possa continuare ad avvertire il vuoto interiore? Com´è possibile non sapere neanche se sei realmente innamorato di una persona o no? Com´è possibile che ti sei accollato le spese di un mutuo e la casa che hai scelto non si trova esattamente nel luogo in cui vorresti
vivere e hai ipotecato la tua vita senza neanche saperlo? Com´è possibile che il tuo cuore pompa incessantemente 24 ore su 24 e non ti degni neanche di ascoltarlo? Com´è possibile non saper distinguere la gioia dalla banalità, il cemento dalla pietra, un albero da un palo della luce? E´ possibile, eccome se è possibile, è la nostra attuale normalità..... ed è la causa, a mio parere, della precarietà. E´ inutile e dannoso attribuirne tutta la responsabilità a chi ci governa e poi non mettersi in gioco, non saper scegliere dove davvero vogliamo arrivare. La precarietà è una nostra responsabilità. E se non ho capito male il tuo lanciare il sasso e stare a guardare dipende dal fatto che altrimenti le persone non si mettono davvero in gioco, non si sentono chiamate in causa.

recensione di STEFANO GIULIDORI

Il tuo film mi ha fatto riflettere molto, mi ha ricordato il Godard di "2 o 3 cose che so su di lei" e il Lars Von Trier delle "5 variazioni".

recensione di Claudio Aiolfi

Il film mi è piaciuto. L´ho raccontato e consigliato la visione ad amici con entusiasmo. Cercando di riassumente in poche righe quello che mi ha lasciato, direi che vedendolo ho realizzato come è bello quando una sana voglia di fare e raccontare riesce a superare le difficoltà quotidiane, e non, di coordinamento e di azioni e pensieri ed arrivare allo spettatore. Ho concretizzato che essere precario può essere scollegato dallo stato lavorativo. Mi sono immedesimato nelle diverse situazioni (che si parlasse di personale, o che si raccontasse delle difficoltà di metodo, di convergenza o difficoltà pratiche) ed ho anche riconosciuto evoluzioni famigliari di pensieri e circostanze. Mi è piaciuto il narrare senza necessariamente collegare un volto ad un personaggio, lasciava lo spazio ci metterci anche il proprio o quello dell´amico caparbio o insicuro o risolutore che riconoscevi nell´affermazione appena ascoltata. Ho trovato questa cosa
sottile, geniale. Ora che ci penso in effetti non c´erano nemmeno collegamenti a luoghi specifici. Certo da milanese un paio di luoghi li ho riconosciuti, ma questo è ininfluente nel processo narrativo. Per quanto riguarda l´incontro con il regista a fine proiezione, da spettatore mi è sembrato di perdere un´occasione di ulteriore racconto. Non so cosa sia scattato, non sono un artista e non sarò riuscito a cogliere delle sfumature, ma sembrava che il regista si stesse "difendendo", direi quasi con aggressività. Forse le domande stesse erano aggressive o stupide, di nuovo, da spettatore non ho colto. Mi è spiaciuta la situazione, mi aspettavo il racconto entusiasta dell´artefice del film ed invece sembrava quasi imbarazzato a parlarne.

recensione di EUGENIA LENTINI - geologa e libera pensatrice

Aspettando Madonna mi è stato presentato come un film sulla precarietà. Bella sfida ho pensato. Quando l´ho visto mi è piaciuto. Ma più che un film sulla precarietà, mi è sembrato una sequenza di performance di teatro di ricerca. Uno studio sulla definizione e sulla resa del poliedrico concetto di precarietà. Del teatro di ricerca ha sperimentazione dell´esistere e trama work in progress. L´alchimia è forte. La precarietà dell´essere, dello stare e del sognare resa da ogni inquadratura oltre che da ogni battuta. La precarietà come essenza pregnante della vita. Sempre sul filo di lama. Da una parte il baratro della banalità. Dall´altra la costruzione della resa della precarietà attraverso il personalissimo vissuto, modo di essere e aspettative delle "ragazze".
Peccato che quando dopo la proiezione il registra risponde alle domande del pubblico rompe l´equilibrio precario dello stare proprio sul filo di lama. Scivola rovinosamente nel banale. Precipita nella stupidità di chi, tutto preso da sé, dimentica la propria relativa precarietà di essere umano. Peccato! Chissà se le "ragazze", usando la propria intelligenza e creatività, riusciranno a reagire come quelle di San Frediano e a dargli una bella lezione? E magari a fare di tutto questo un altro film! Chissà!

recensione di GIUSEPPE LORUSSO - ATTORE, VIAGGIATORE

A fine film ho visto molti parallelismi con otto e mezzo e questo vi fa onore! Fuori dai denti forse l unico neo del film in alcuni tratti è una marcata impronta "femminista" o meglio un voler rappresentare la donna come stereotipo di se stessa. Ma è un particolare che non toglie al lavoro la dimensione sperimentativa e soprattutto non gli toglie quell'elemento di casualità che ti lascia nel dubbio se voluta o no.

recensione di CLAUDIO CREMONESI - CLOWN, DRAMMATURGO, REGISTA

Ho guardato il film con grande piacere ed emozione, ho visto tanto Tinelli dentro, il tuo occhio, il tuo punto di vista, la tua filosofia, ho riso, ho evitato da subito di cercare un senso oltre le immagini e i dialoghi, dialoghi esemplari, ho visto un film sul film che avrebbe potuto/voluto essere, ho visto un progetto che è nato, si è avviato, si è avvitato, si è ingarbugliato, si è perso e forse ritrovato, ho visto scorrere energia nel film e nella gente in sala, ho visto una generazione precaria fatta di precari che riescono precariamente a raccontare la propria precarietà, ho visto poca ribellione, poca lucidità di azione per opporsi a questa precarietà decisa a tavolino dall'economia capitalistica, ho goduto lo sguardo del pupazzo mosso dalle tue mani e lì ho trovato il senso

recensione di ALESSANDRO CEVASCO - LIBERO PENSATORE

I punti positivi sono tanti ... il film spacca, spiazza e spazza via ogni dubbio! Questa e' una rarita' ..di solito la mano del regista NON si vede...perche' non c'e' ...qui e' tutto! In piu' la semantica del racconto e' sapientemente dissimulata e mascherata da una incredibile capacita' narrativa che porta a sviare l'emozione mantenendo saldissimo il racconto! Paradossalmente e' un racconto di linearita' assoluta che non viene percepito tale per la solita abitudine alla "parola"...ecco e' la mancanza di parole che colpisce di piu' questo lavoro...ogni singola semantica NON esiste perche' oggetto dell'immagine trasmessa....La maieutica porta alla sublimalita' del percorso che rimanendo volutamente ambiguo da all'osservatore lo stordimento della felicita'....ma una felicita' passiva...non riconosciuta....La "svolta" narrativa e' data dal palcoscenico....li' ribalti la realta' e la parodicizzi ...facendola diventare tragica e vera....eppero' c'e' qualcosa
in piu'...c'e' quel "be' allora vai via.....si' ma non adesso..qui e subito...." ..dici all'inizio, in mezzo ed alla fine...forse ti riferisci al senso della morte ...alla voglia della vita....al senso del NON raccontare perche' tanto e' inutile... quello che non mi piace....non mi piace la "semplicita'"...e' troppo "semplice" questo
metodo narrativo, e' troppo "gia' visto" l'utilizzo della camera in quelle condizioni (per quanto le abbia amate da morire anche le riprese delle mani e dei piedi sono...gia' viste...di piu' c'e' l'ossessivita' che utilizzi e che le rende ...poetiche....l'utilizzo dei "colori" ....anche se la "progressione" degli effetti cromatici e' meravigliosa....Insomma, sembra un'opera prima di un futuro capolavoro ...sembra un "aspettando godot" che forse...vuol finire in tempo per non scadere..ma cosi' facendo...scade nel ....."non dare"....Si capisce bene che ami lynch ma...lui e' preciso, maniacale e decostruzionista ...in questo tuo ...la decostruzione m'e' sembrata un po' una "scusante" del fatto di "non avere idea di come "concludere" " un discorso che...effettivamente...NON va concluso ! Pero' se questi appaiono come difetti, in realta', possono essere ribaltati come punti di forza...sicuramente in prospettiva "dinamica"...Ecco se il vantaggio piu' grande
e' quello di "non" essere un film..ha come svantaggio maggiore quello di non essere un film :-)

recensione di ADRIANA VANNUCCI - PENSIONATA

Al cinema è stata tutta una scoperta! L'ho visto con occhi nuovi e mi è piaciuto. Più leggero, più soffice e, decisamente, più interessante. Il gatto che si rotola nel cestino ridendo o che usa il metronomo. Geniale! Malgrado lo sdegno (come madre...) all'idea che davvero le protagoniste non avessero i soldi per l'afgano da premiare...la corsa al bancomat...Ho apprezzato specialmente il gioco di mani e piedi, la tipa che continua a chiedere se ci sarà la sua scena, l'intrecciarsi tra il dramma ed il divertente, il triste e l'allegro.

recensione di RICCARDO FARINA - POETA E DOCUMENTARISTA

Prima di tutto complimenti per le tue capacità di convogliare persone, poche volte ho visto una sala così piena, c'era "l'atmosfera dell'evento", è già questo è un successo. Anche il titolo del tuo "film in fieri" mi sembra azzeccato, e permettimi: c'è anche una buona dose di "furbizia"(parente stretta dell'intelligenza) che non guasta. Il film è appunto un'attesa: aspettando Madonna. Ci sono inquadrature ricercate ed eleganti, passaggi da una scena all'altra che sono insoliti e colgono di sorpresa (penso al passaggio dalla tua risata al bambolotto meccanico che ride), intuizioni poetiche non banali, e nel complesso il film emana un sano divertimento del "fare cinema" tutti assieme, come nel finale "felliniano" o "parafelliniano" certo il film deve ancora prendere una sua forma, trovare un suo equilibrio interno, ho visto molte mani e molti piedi, avrei voluto la stessa attenzione per i volti, trovo che il volto dei tuoi personaggi debba essere
reso meglio, altrimenti resta il tuo taglio personale ma si perde in umanità.

recensione di ALICE ROSA - ILLUSTRATRICE

Devo proprio dire che mi è piaciuta la serata, divisa in film e post film. Mi ha fatto molto ridere e l'ho trovato una cosa abbastanza genialoide. Mi è piaciuto molto il fatto di sentire in questo vostro lavoro una sorta di liberazione.

recensione di ADRIANO BARONE - SCRITTORE SCENEGGIATORE

Tantissimi spunti e livelli di lettura, perciò ti dirò solo alcuni di quelli che ho colto, che senz'altro non sono tutti. L'idea di precarietà come condizione esistenziale e non solo contingente/sociale, mi ha convinto parecchio; anche l'idea di "mancanza di possibilità di raggiungere un risultato" mi sembra interessante, anche se forse va aggiunto "senza avere le idee chiare", perchè poi chi ha le idee chiare le cose le fa, fosse anche una versione iper-trash di Material Girl. Del resto il fatto che a Madonna tu abbia voluto dedicare il titolo, citando Beckett, denota che è quella la parte del film che da significato al tutto. Allora: tutti aspettano Godot, ma non arriva mai perchè forse non esiste. Nel tuo film, aspettiamo Madonna, ma arriva una sua versione trash: quello che ottieni non è quello che ti aspetti, grandi aspirazioni possono concretizzarsi in piccoli o deludenti risultati.
Questo e altro, credo.
Meravigliosi comunque sia i dietro le quinte, sia lo schermo a nero (irritantissima la durata eccessiva, tanto che mi è venuto da gridare al proiezionista), ma soprattutto il loop autoriflessivo: prima semplicemente lo schermo, ma poi addirittura l'autoparodia, degli autori con le maschere (non a caso, le maschere vengono indossate: siamo rappresentazioni, sia il film, che noi stessi) che ho trovato geniale. Infatti secondo me l'ironia è una delle doti più importanti di tutto il film. Senza quello sarebbe interessante, sì, ma non "passerebbe" niente. E del resto è anche l'unico atteggiamento che ti permette di non impazzire di fronte alla mancanza di senso che tutto pervade. Mi diverte vedere come la gente ti chieda risposte "semplici e dirette" quando a me semplice e diretto sembra quello che dici, soprattutto per come lo dici. Ma suppongo anche di non essere uno spettatore medio, ma vabbè. Insomma, c'è tanta roba, senz'altro molta di più di quello che ti ho detto, ma questo è
quello di cui mi sono reso conto e che ho apprezzato.

recensione di MARIA LUISA FAGIANI - DOCENTE


O ROCKSTAR O MORTE -Aspettando Madonna è la preponderanza semantica del fruscio sul suono, l´anti-reality, il controformat comunicativo che cita la televisione contemporanea rovesciandone i loci e invertendone i nessi, in una narrazione riuscita e perfettamente leggibile fatta di "tagli" di montaggio, ridondanze, interiezioni, scarti linguistici che sono la controparte espressiva degli standardizzati highlights quotidiani dei reality show o delle partite di calcio. Aspettando Madonna è l´interdetto sintattico che funziona, il "fuori campo" cinematografico che entra nel frame, la scelta dell´"unheimlich" come cifra del reale, il "dispetto" stilistico alle cortesi banalità da prime time televisivo. La vita, in Aspettando Madonna, non ha sceneggiatura possibile ma il film ci ricorda, nondimeno, lo shakespeariano "all the world´s a stage", e di questo palcoscenico cogliamo gli aspetti più opachi: la pesantezza degli attrezzi,
l´incertezza dei mezzi materiali, i momenti fuori spotlight. Un´enfasi comunicativa sul "contatto", alimentata da un audio "lo-fi", evoca precisamente, e con grande pregnanza, la contingenza di un mondo precario, faticoso, frustrante. Aspettando Madonna non è un documentario, è una metafora: il "making of" di uno spettacolo la cui "prima" sembra non arrivare mai. E invece il momento della "prima" arriva. Con il botto. Perché, cercata e attesa lungo tutto il film, Madonna irrompe. Ed è una "inner-Madonna" bellissima e collettiva, Il finale del film, infatti, che si distende in un lungo piano sequenza, ci spiega che no, non è affatto vero che "la vita è sogno", anzi, la vita è incubo, ma di certo è sicuramente vero, e per fortuna, che "il sogno è vita", che le rockstars siamo noi, perchè "you don´t need to be a rockstar to feel like one", che siamo splendide "material girls in a material world" che
non vedono l´ora di buttarsi ""into the groove".e reclamano il diritto al raso e alle rose. "Girls just want to have fun".

Recensione di FRANCESCA TASSINI - SCENEGGIATRICE

A me è piaciuto un sacco.
Credo che chi ti ha chiesto "cosa volevi dire, cos'è per te la precarietà?" non ha veramente capito niente alla base. Di precarietà è intriso tutto il film, e non la solita pippa sociale, ma una precarietà interiore, che si trova nelle pieghe del quotidiano, delle azioni delle scelte, che è un modo di essere e di vivere (o non vivere...ritirarsi come ha fatto la maggior parte dei personaggi che hanno contribuito al film)

Insomma hai preso un tema tanto inflazionato che la parola stessa (precarietà) fa venire i conati di vomito da ulcera a chiunque lo pronunci ormai e ne hai fatto un racconto vivo, secondo me, al di là (o forse grazie a) della "sgrammaticatura" di livelli di coscienza e di struttura, un racconto che si è scritto da solo in maniera un pò schizofrenica ma che sembrava sapere fin dall'inizio dove sarebbe andato.
Meglio di così.

mercoledì 31 marzo 2010

recensione di ANDREA VAGHINI – TECNICO DA PALCO



ASPETTANDO MADONNA mette in cortocircuito tutta una serie di atteggiamenti
che il pubblico ha di fronte al grande schermo, aspettative, pregiudizi, schemi
percettivi.
Per esempio c'è una scena completamente nera! Tutto procede con
leggerezza, ironia, pur scavando e il risultato è totalmente spiazzante.
Più che una storia è un iper-testo, come in internet, con un filo d'Arianna che toglie dall'impaccio di perdersi!

Alla fine della proiezione il pubblico ha fatto una discussione accesissima
sui significati, sulle finalità, bisognoso di darsi risposte, voglioso di spostare lo
sguardo su di sé e il mondo.
Sia i giovani che i meno giovani, sono stati tutti inchiodati alle poltrone per un' ora pur di capire come districare l'assurdo senso di disorientamento.

Sembrava fossero stati portati dalla produzione degli attori in sala per fare casino e invece era tutto vero!

IT'S YOUR TIME

It's time to feel like a rockstar!

Sali sul palco e canta la tua su

Aspettando Madonna!

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